Gli enti primitivi


Consideriamo l'insieme π={A,B,C,D....} che chiamiamo piano, chiamiamo punti gli elementi A,B,C,D... del piano. Nel piano π esistono sottoinsiemia,b,c,d... che chiamiamo rette. I punti, le rette, es il piano sono denominati enti primitivi, perchè di essi non viene data alcuna definizione esplicita in quanto costituiscono gli elementi base a partire dai quali si definiscono tutte le altre figure geometriche. Definire un certo oggetto X, significa determinare, in modo breve e preciso, le qualità essenziali che caratterizzano l'oggetto stesso, cosicchè sia possibile riconoscerlo, senza ombra di dubbio, tutte le volte che lo si incontra in un qualsiasi contesto. Ad esempio, "Si dice trapezio un quadrilatero avente due lati opposti paralleli che si chiamano basi". Come si può osservare, il concetto di trapezio è definito dai seguenti vocaboli: quadrilatero, lato, parallelo. Chi non conosce il significato di questi tre vocaboli nonè in grado di disegnare il trapezio. In generale, per definire un oggetto X occorre far riferimento ad altri oggetti a, b, c ... dei quali dev'essere noto il significato, questi ultimi pertanto, saranno stati "spiegati" ricorrendo ad altri oggetti: α, β, γ ... i quali a loro volta saranno stati spiegati facendo riferimento ad altri oggetti p, q, r ... e così via. Si pensi al vocabolario dove una parola è definita da altre parole, le quali, a loro volta sono definite a partire da altre parole e così doi seguito. Si comprende che è ingenuo pensare di procedere su questa via con l'intento di definire tutti gli oggetti, finiremmo sicuramente per compiere un giro vizioso che ci porterebbe nuovamente all'oggetto X, ossia a definire X facendo riferimento ad X stesso. Per evitare di cadere nel giro vizioso si può operare nel seguente modo:

1. Si abbandona il progetto divoler definire tutto.

2. Si scelgono alcuni oggetti, in generale, noti a tutti, dei quali non si dà alcuna definizione esplicita, denominati enti primitivi.

3. Si definiscono tutti gli altri oggettifacendo riferimento agli enti primitivi

Gli enti primitivi del piano sono il punto e la retta, di essi non si dà alcuna definizione esplicita, tuttavia risultano definiti implicitamente dai postulati, nel senso che si chiameranno punti e rette elementi di natura qualunque, purchè soddisfino alle proprietà chiaramente indicate dai postulati.


I postulati e le loro proprietà


Colui che costruisce una geometria, vi domanda di accettare, senza pretendere alcuna dimostrazione, un certo numero di proposizioni, di solito assai semplici,denominate postulati. I postulati non possono essere arbitrari, ma devono possedere tre notevoli proprietà:

1. La compatibilità: ciò significa che, nella famiglia dei postulati, deve valere il principio della non contraddizione, ossia, a partire dai postulati, non si deve mai poter dedurre la proposizione A e, contemporaneamente, la proposizione Ã.

2. L'indipendenza: ciò significa che nessun postulato deve potersi dedurre logicamente dai rimanenti. Qualora un certo postulato fosse deducibile dai rimanenti, verrebbe tolto dalla famiglia dei postulati ed incluso nella famiglia dei teoremi.

3. La completezza: ciò significa che il numero dei postulati non deve essere troppo esiguo cosicchè a partire da essi, si possa dimostrare un certo numero di teoremi.


Il concetto di teorema


Un teorema, è un enunciato che si presenta nella seguente forma:

"Se H allora T"

Ad esempio è un teorema appartenente al dominio della geometria euclidea è quello avente il seguente enunciato: "Se un quadrilatero ABCD è un rettangolo allora ABCD ha le diagonali uguali".

La prima proposizione H:= "Un quadrilatero ABCD è un rettangolo" è detta ipotesi e costituisce la premessa, ossia ciò che si suppone noto. La seconda proposizione "ABCD ha le diagonali uguali" è detta tesi e ne costituisce la conclusione, ossia la proposizione che si vuol dimostrare. La dimostrazione è il ragionamento deduttivo, in base al quale, a partire dalla verità dell'ipotesi, si giunge a concludere che anche la tesi è verà.


Proposizioni associate ad un teorema


Consideriamo una proposizione molecolare del tipo "Se H allora T", rappresenta l'enunciato di un teorema che chiameremo diretto, per distinguerlo da altre proposizioni che ne derivano. Ammettiamo che il teorema diretto sia vero, ossia che a partire dall'ipotesi H, si possa dedurre, tramite ragionamenti logicamente corretti, che anche la tesi è vera. In corrispondenza del suddetto teorema, si possono enunciare altre tre proposizioni, due delle quali sono genelalmente false, mentre la terza è sempre vera. Analizziamole in dettaglio:

La proposizione inversa - Si ottiene dal teorema diretto scambiando di posto le proposizioni H e T cosicchè risulta il nuovo enunciato: "Se T allora H". Questa proposizione risulta generalmente falsa, infatti dalla verità della premessa, non è possibile dedurre logicamente la verità della conclusione come dimostra il controesempio: "Se un quadrilatero ABCD ha le diagonali uguali allora ABCD è un rettangolo", che non è vera poichè ABCD può essere un trapezio isoscele.

La proposizione contraria - Si ottiene dal teorema diretto, negando l'ipotesi e la tesi cosicchè risulta il nuovo enunciato: "SE non H allora non T". Nell'esempio precedente la proposizione contraria risulta: "Se un quadrilatero ABCD non è un rettangolo allora ABCD non ha le diagonali uguali" che non è vera in quanto un rombo, che non ha le diagonali uguali, non è un rettangolo.

La proposizione controinversa - Si ottiene dal teorema diretto prima scambiando di posto le proposizioni H e T poi negandole entrambe cosicchè risulta il nuovo enunciato: "Se non T allora non H". Questa proposizione risulta sempre vera, come si può notare dalla tavola di verità relativa. Nell'esempio precedente la proposizione controinvrsa risulta: "Se un quadrilatero ABCD non ha le diagonali uguali allora ABCD non è un rettangolo", che è sempre vera.

HTnot Hnot TH → Tnot T → not H
VVFFVV
VFFVFF
FVVFVV
FFVVVV

Nello stesso modo, se è vera la controinversa, allora è vera la diretta. Le due proposizioni, diretta e controiversa, risultano così logicamente euivalenti e quindi dimostrando la verità di una di esse, resta dimostrato per via indiretta, anche la verità dell'altra.


Come si dimostra un teorema


Per dimostrare un teorema si possono utilizzare due diversi ragionamenti deduttivi:

1. metodo diretto

2. metodo indiretto o per assurdo

La scelta dell'uno o dell'altro metodo è dettata, caso per caso, da motivi di convenienza. Il medodo diretto consiste nel partire dall'ipotesi e mediante una successione ordinata di ragionamenti logici, ciascuno conseguente del precedente, si giunge a concludere che anche la tesi è vera. Il medodo indiretto consiste in un ragionamento deduttivo basato sulla seguente considerazione: poichè la proposizione da dimostrare "Se H allora T" è logicamente equivalente alla sua controinversa "Se non T allora non H", qualora si dimostri la verità di quest'ultima, si può concludere che anche la proposizione "H → T" è vera. Il metodo indiretto può essere sinteticamente descritto dal seguente diagramma:


Per assurdità si deve intendere una affermazione che sia in contraddizione con almeno una delle seguenti proposizioni vere:

1. L'ipotesi

2. Un postulato

3. Un teorema precedentemente dimostrato


Lemmi e corollari


Si chiama lemma un teorema che si prefigge l'obiettivo di facilitare la dimostrazione di un successivo notevole teorema.

Si chiama corollario un teorema che sia l'immediata conseguenza di un altro teorema appena dimostrato, oppure di un postulato.


Esempi di teoremi


Supponiamo che Tizio affronti un esame per ottenere l'abilitazione a svolgere un determinato lavoro e che siano stabiliti i seguenti assiomi assunti come veri.

A1. Se Tizio risponde almeno a 6 domande su 10, Tizio supera l'esame.

A2. Se Tizio ha meritato la lode allora Tizio ha risposto esattamente a tutte le domande.

A3. Se Tizio è stato assunto dalla ditta X&Y, allora Tizio ha meritato la lode nell'esame.

A4. Se Tizio supera l'esame, allora Tizio lavora.

Dimostriamo ora i teorem1 Th1. e Th2.

Th1. Se Tizio è impiegato nella ditta X&Y, allora Tizio ha risposto a tutte le domande del test d'esame

Dimostrazione: La premessa, detta ipotesi, assunta come vera è che Tizio è un impiegato della ditta X&Y. Partendo da questo enunciato vero ed applicando la regola del modus ponens all'assioma A3 concludiamo che, essendo vera la premessa, è vera anche la conclusione: Tizio ha meritato la lode. Essendo vera la premessa dell'assioma A2, riapplicando il modus ponens all'assioma A2 otteniamo che è vera anche la conseguenza: Tizio ha risposto esattamente a tutte le domande.

Th2. Se Tizio non lavora, allora Tizio non ha risposto ad almeno 6 domande del test d'esame

Dimostrazione: L'ipotesi, assunta come vera è che Tizio non lavora. Applicando la regola del modus ponens all'assioma A4 concludiamo che, essendo falso il conseguente è falso anche l'antecedente, pertanto Tizio non ha superato l'esame. Applicando nuovamente la regola del modus ponens all'assioma A1, abbiamo che, essendo falso il conseguente è falso anche l'antecedente, pertanto la tesi risulta valida.